LA MISE EN PLACE E IL BANQUETING

 

ISTITUTO ALBERGHIERO DI LADISPOLI

LA MISE EN PLACE E IL BANQUETING SI SPOSANO ALLA CREATIVITA’

 

 

 

Non si è mangiato, né bevuto, sempre nello stesso modo: nel corso dei secoli, alimentazione e regole del servire sono cambiate. Nel Medioevo, il cibo era portato alla bocca direttamente con le mani da grandi pani simili a focacce posti al centro del tavolo. L’introduzione di piatti e bicchieri avvenne gradualmente nel corso del XVI e XVII secolo, mentre l’uso delle posate cominciò a divenire una pratica sistematica in Europa solo nel corso del Settecento. Ultima arrivò la forchetta (sulle tavole napoletane), dopo il coltello e il cucchiaio, probabilmente grazie al ciambellano del re Ferdinando IV di Borbone. Ma la mise en place non ha mai rappresentato un tema esclusivamente legato all’enogastronomia: attribuendo a ciascuno le proprie posate, il proprio piatto e il proprio bicchiere si rispettava un principio filosofico e si attuava una rivoluzione. Non a caso tutto questo avvenne nel Sei-Settecento, secoli che perfezionarono la scoperta di quella concezione dell’individualità e dell’interiorità già avviata nell’Umanesimo e nel Rinascimento. Ritagliare intorno ad ogni commensale uno spazio privato significava riconoscere l’importanza e l’esclusività di una sfera personale e ‘intima’ che doveva essere distinta da quella degli altri. Due i tipi di servizio prevalenti: alla francese e alla russa.

A spiegare tutti i segreti della mise en place e del banqueting sono il Prof. Paolo Ceccarelli, Docente di Inglese  e la Prof.ssa Donatella Di Matteo, Docente di Sala dell’Istituto Alberghiero di Ladispoli, che nel corso dell’anno scolastico 2017/2018 hanno dato vita a due importanti progetti didattici: ‘Make your cocktail’ e ‘Un giorno da banqueting manager’.

 “Obiettivo primario – hanno spiegato – è stato per noi quello di ‘insegnare coinvolgendo’, ossia partire dalle passioni e dagli interessi degli studenti per raggiungere i traguardi formativi previsti nei Piani di Lavoro e richiesti dal mercato occupazionale. Da una parte abbiamo puntato quindi sull’interdisciplinarità, invitando gli allievi a presentare i cocktail in lingua inglese; dall’altra ci siamo proposti di stimolare la creatività degli studenti chiedendo loro di scegliere, per gli allestimenti, tre eventi: oltre alle più tradizionali e classiche feste dei diciotto anni e al pranzo di matrimonio, abbiamo suggerito di individuare un film o un’opera letteraria che avrebbe dovuto ispirare e caratterizzare in modo originale la mise en place. L’esito – ha aggiunto la Prof.ssa Di Matteo  – è stato straordinario. “La forma dell’acqua”, il film di Guillermo Del Toro vincitore di quattro Premi Oscar alla 74ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è stato individuato unanimemente come fonte di ispirazione. Si è trattato di una sfida avvincente, che ha spinto gli studenti a chiedersi come poter tradurre sulla tavola la cifra essenziale e l’ambientazione – fra la terra e il mare – di un’opera fantasy dai densissimi contenuti etici. Il gruppo che ha lavorato a questo progetto ha scelto ad esempio di predisporre un centrotavola costituito da una bowl con sabbia e conchiglie alla base e un menu in tema presentato su foglio blu con la riproduzione della scena cult del film”. “Lo sforzo è stato duplice – ha aggiunto il Prof. Ceccarelli – perché l’allestimento, le attrezzature, le tecniche e le preparazioni dei cocktail sono stati descritti in Inglese e questo ha obbligato gli allievi ad una ricerca lessicale che ha arricchito il loro vocabolario e la loro conoscenza della lingua. Trovare strade e strumenti alternativi di insegnamento, aprendo spazi per la creatività, ha sempre un valore aggiunto: da una parte aiuta a maturare sensibilità, attitudini, pensieri meno convenzionali e più personali, dall’altra stimola le capacità critiche, che rappresentano sempre una risorsa potente nella scuola e nella vita. Ma il risultato forse ancora più importante è stato quello di aver contribuito al raggiungimento dell’obiettivo più alto: “stare bene in classe”. Gli allievi coinvolti nelle attività erano motivati e felici di collaborare partecipando, tutti insieme, alla realizzazione di un progetto che hanno vissuto come una sfida e una gara all’insegna della creatività. Un’esperienza da ripetere!”


Comments

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *